Rating per gli animali
Metodologia
Verso un Rating Etico a favore degli Animali
Tendenzialmente le agenzie di rating etico analizzano elementi legati alla relazione con gli altri esseri umani (rispetto dei diritti altrui, trasparenza nelle decisioni, nelle scelte, e nelle assunzioni del personale ecc.) raramente considerano la componente di impatto sulla vita e sulla sofferenza degli animali. Di fatto sono comunque indirizzati ad una visione antropocentrica. Anche la componente di tutela ambientale, qualora entri nell’ambito della valutazione è finalizzata al mantenimento della salute umana e alla conservazione dell’ambiente, così anche le future generazioni abbiano da fruirne. Quindi le agenzie di rating etico prendono a riferimento indicazioni provenenti da UE, OCSE, ONU e le applicano alle modalità di gestione delle attività aziendali e sulla responsabilità sociale delle imprese (CSR). Difatti il rating più alto viene dato quando vi è una completa adesione a tali indicazioni di enti e organizzazioni internazionali.
Quindi, anche nel nostro caso, si potrebbe fare riferimento ad aspetti solo normativi, come la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale del 1978, il Trattato di Lisbona della Comunità europea in vigore dal 2009 e le leggi nazionali, ma risultano qualificanti anche le informazioni proveniente da organi di stampa, associazioni animaliste e ambientaliste, petizioni lanciate sui siti dedicati. Includere nella visione etica gli animali di affezione, gli animali che vengono allevati per scopi produttivi, le specie che popolano i vari habitat e quindi gli habitat stessi significa abbandonare la visione antropocentrica per abbracciare una visione antispecista o perlomeno ecocentrica. Lasciamo gli aspetti relativi all’eticità nei confronti degli umani a chi li tratta da tempo con esperienza e competenze consolidate cioè le cosiddette agenzie ESG (Environment, Social and Governance), convinti che comunque una attenzione al comportamento etico nei confronti degli animali ha ricadute positive verso gli umani.
Gli impatti sugli animali da parte di aziende possono essere valutati da diverse categorie associabili ed impatti indiretti e diretti. Possono essere cioè legati al core business o ad attività esterne all’impresa, in questo caso è da ritenere che vi sia una coinvolgimento della società oggetto di valutazione nelle conseguenti scelte aziendali. Inoltre per impatti diretti si intende che gli animali subiscono sofferenza direttamente nel processo produttivo dell’azienda, indiretti significa che gli animali subiscono sofferenza pur non essendo coinvolti direttamente nel processo produttivo dell’azienda, a seguito di azioni volute o anche non volute. Per esempio gli sversamenti di petrolio nel terreno e nei corsi d’acqua possono anche non rientrare nelle intenzioni di una società petrolifera, comunque il fatto determina notevoli sofferenze per la fauna e l’habitat. Non necessariamente gli impatti indiretti sono da considerare meno gravi dei diretti, anzi talvolta possono esserlo di più. Tra gli impatti indiretti vanno considerati anche i comportamenti e le attività della clientela, in particolare nel caso di società legate al settore dei media, della pubblicità, ecc.
Tali aspetti possono anche essere osservati dal punto di vista qualitativo (il livello di sofferenza che l’attività induce anche nel singolo animale) e quantitativo (la diffusione della sofferenza o disturbo in un numero allargato di animali). In questa fase ha poco senso associare a questi criteri una valutazione numerica. Sarà il valutatore che in base alla sua esperienza e sensibilità assegnerà un giudizio e quindi una classe di rating alla singola nazione o azienda. Tra l’altro spesso anche le agenzie di rating più trasparenti non divulgano la modalità operativa che assegna la singola azienda alla classe di merito ritenendo che è di proprietà dell’azienda se sollecitata e di spettanza dell’agenzia di rating se non sollecitata. E’plausibile prevedere di individuare degli outlook positivi o negativi sulle intenzioni o indirizzi futuri dell’azienda o nazione che andranno a aggiustare il valore del rating.
L’approccio consueto di screening negativo delle agenzie di rating etico, che esclude a priori aziende coinvolte in determinati settori critici (armi, tabacco, ecc.) è solo parzialmente utilizzabile nel nostro lavoro, in quanto aziende di grande diffusione e di intrecci economici diffusi è quasi impossibile che non siano coinvolte in attività che determinano sofferenza animale. Quindi i nostri giudizi sarebbero in gran parte estremamente negativi o addirittura non classificabili come avviene per le aziende che non rispettano le categorie sopra descritte. Dire che nessuna azienda sia estranee alla sofferenza animale inglobandole tutte in un uniforme giudizio negativo, non da alcun contributo alla riduzione della sofferenza animale. Individuare invece una gamma a diversi livelli di giudizio a seconda degli impatti in riferimento alla nostra principale categoria di valutazione, può spingere aziende e paesi, se non a diventare virtuosi, inserendosi in screening positivo per lo meno a tentare di superare i livelli più bassi della graduatoria con azioni di mitigazione delle loro attività che procurano sofferenza animale.